Passa ai contenuti principali

Internazionale. L'illusione del web


Nell’era di internet e dei social network ragionare sul ruolo di questi strumenti nei processi di cambiamento della società è fondamentale per capire cosa ci si può aspettare dal loro uso e dove porta lo stesso. Se ne è discusso oggi in uno degli incontri al Festival di Internazionale in una tavola rotonda dal titolo significativo “L’illusione del web. I limiti dell’attivismo” con Evgeny Morozov, ricercatore e blogger autore di “The net delusion”; Michael Anti, giornalista e blogger cinese, moderati da Luca Sofri fondatore de “Il Post”.
Tutti si sono detti d’accordo sul fatto che è un’illusione pensare che il web possa essere uno strumento adatto ad organizzare strategicamente il cambiamento della società. Semmai, come ha sostenuto Morozov, può servire come momento di prima mobilitazione delle coscienze, di veicolo delle informazioni stando però attenti a non lasciarsi assorbire dallo strumento stesso. Un passaggio sottolineato anche da Sofri che ha evidenziato quanto è sotto gli occhi di tutti i frequentatori di facebook, cioè che lo sfogo di cui sono piene le bacheche ogni giorno “rischia di essere controproducente perché assorbe molte energie che potrebbero essere usate per costruire un progetto alternativo nel reale”. Infatti, sono molti i “rivoluzionari da tastiera”. Frequentando i social network nel nostro paese sembra sempre imminente la rivoluzione e la caduta di Berlusconi, ma poi nelle piazze ci si ritrova ad essere sempre gli stessi, un fenomeno scoraggiante e in parte inspiegabile, vista la forte mobilitazione virtuale. Il punto è che “lo sfogo” virtuale è utile a qualsiasi regime perché contribuisce a rendere liquida la società e ad atomizzarla. Ognuno resta chiuso nella propria stanza, davanti al proprio pc, in una piazza virtuale in cui non incontrerà mai nessuno fisicamente. La primavera araba, di cui ho parlato nel post precedente, è stata per Morozov la dimostrazione del fallimento dei social network. L’Egitto, in particolare, ma anche la Tunisia, hanno dimostrato che senza gli scioperi di massa, l’occupazione fisica delle piazze e dei luoghi di lavoro, e dunque degli spazi, i regimi di quei paesi non sarebbero caduti. Senza contare il fatto che i social network, anche nelle democrazie cosiddette mature, sono uno strumento di controllo delle opinioni che serve ai regimi per organizzare le contromosse e calibrare la comunicazione e la propaganda.
Un’ulteriore dimostrazione dell’inefficacia di internet ai fini del cambiamento sociale viene proprio dalla Cina. I dati forniti da Anti sono impressionanti: in Cina ci sono 500 milioni di utenti di internet e 200 milioni di blogger, eppure quello è un regime totalitario dove il controllo sociale e informatico è molto forte. Infatti, in Cina non vi sono piattaforme di internet estere. I server sono allocati a Pechino ed è impossibile per Microsoft o Google entrare nel mercato cinese semplicemente perché il regime non accetta che i server siano collocati nei paesi d’origine di queste grandi multinazionali dell’informatica. La ragione è evidente: sarebbe impossibile bloccare informazioni indesiderate in entrata nel paese, mentre attraverso un softweare che scandaglia i contenuti dei messaggi e dei blog qualsiasi dato o informazione sgradita viene rimossa quasi in tempo reale. Nello stesso tempo quel minimo di libertà di navigazione concessa dal regime serve allo stesso per tenere monitorati eventuali casi di corruzione denunciati dai cittadini. Senza considerare il fatto che in Cina è vietato usare nick name in internet, ma è obbligatorio l’uso del proprio vero nome.
Allora come si spiega tanto attivismo virtuale che non riesce a tradursi in cambiamento? Morozov, riferendosi ai paesi a scarsa democrazia, ha sostenuto che ciò è dovuto alla frammentazione dell’opposizione politica. Una considerazione che la platea ha sentito immediatamente come una riflessione sulla realtà del nostro paese. Dunque, non ci può illudere che il web possa sostituirsi alla politica e alla partecipazione reale lì dove avviene la costruzione della società: nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle scuole e nelle piazze. “Non basta facebook o twitter per coalizzare un’opposizione”, ha aggiunto Morozov. “Tanto più – ha aggiunto - che su internet ci si accontenta di sbeffeggiare il potere”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Il genocidio

A trentacinque anni di distanza credo valga la pena rileggere questo intervento che Pasolini tenne alla festa de l'Unità di Milano nel 1974 e pubblicato all'epoca da Rinascita . È di un'attualità impressionante. Si parla di genocidio dei valori, di crisi economica, di incapacità a distinguere "sviluppo" da "progresso" (quanto di più attuale quando tutti, anche a sinistra, ormai parlano solo di sviluppo e trascurano il progresso, tranne che nel dirsi progressisti a parole), del ritorno sinistro di valori propri della destra nazista.   Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari, Garzanti 1981, pag. 277.   Vorrete scusare qualche mia imprecisione o incertezza terminologica. La materia – si è premesso – non è letteraria, e disgrazia o fortuna vuole che io sia un letterato, e che perciò non possegga soprattutto linguisticamente i termini per trattarla. E ancora una premessa: ciò che dirò non è frutto di un'esperienza politica nel senso specifico, e per così di

Ode all'ape

Ode all'ape Moltitudine di api! Entra ed esce dal carminio, dall'azzurro, dal giallo, dalla più tenera morbidezza del mondo: entra in una corolla precipitosamente, per affari, esce con un vestito d'oro e gli stivali gialli. perfetta dalla cintura, con l'addome rigato da sbarre scure, la testolina sempre pensierosa e le ali bagnate: entra in tutte le finestre odorose, apre le porte della seta, penetra nei talami dell'amore più fragrante, inciampa in una goccia di rugiada come in un diamante e da tutte le case che visita estrae il miele misterioso, ricco e pesante miele, spesso aroma, liquida luce che cade a goccioloni, finché al suo palazzo collettivo ritorna e nelle gotiche merlature deposita il prodotto del fiore e del volo, il sole nuziale serafico e segreto! Moltitudine d'api! Elevazione sacra dell'unità, collegio palpitante! Ronzano sonori numeri che lavorano il nettare, passano veloc

Israele-Palestina: un solo Stato per due popoli

Nel 2023 ha ancora senso pensare in termini di stati su base etnico-religiosa? Ha senso incaponirsi su uno stato per gli ebrei e uno per i palestinesi? Non ci si rende conto che sono proprio gli stati e i confini che creano le guerre? Non avrebbe più senso che ebrei e palestinesi vivessero insieme in pace come fratelli sulla stessa terra dei padri in un unico stato? Sono un sognatore? Forse! Ma sono in compagnia di chi diceva I have a dream. E la sinistra  invece di fare manifestazioni pro stato palestinese dovrebbe avere un orizzonte più ampio perché a questo servono le utopie: ad avere uno sguardo lungo che permetta di costruire un cammino. Senza cadere nella trappola  degli  opposti estremismi che si sostengono a vicenda. Hamas ha bisogno di Netanyahu e Netanyahu ha bisogno di Hamas. In mezzo, come ostaggi, i due popoli. Occorre sottrarsi a questo schema, che non vuol dire essere neutrali, ma sottrarsi alle tifoserie degli opposti estremismi. Rivendicare uno stato per gli ebrei e un